Il collezionismo fotografico tra oblio e passione

Maggio: il mese delle fiere di collezionismo fotografico

Il mese di maggio è sempre stato un periodo ricco di mostre-mercato per il collezionismo fotografico d’occasione. Molte di queste si svolgevano soprattutto in Toscana, Emilia Romagna e Umbria.

Ho sempre partecipato molto volentieri a diverse di queste fiere, perché rappresentavano un’occasione d’incontro per gli appassionati di fotografia.

Tra queste, una delle piazze più importanti del collezionismo fotografico italiano, è sempre stata Umbertide, in provincia di Perugia.

Le prime volte che ci andavo, ero sempre un po’ spaesato perché avevo solo due giorni a disposizione per visitare tutti gli espositori.

Invece, in occasione della mia ultima visita, in poche ore avevo già completato il giro: la “roba” interessante era davvero poca.

Ebbi un momento di sconforto, perché era il segno tangibile di come stesse cambiando il mercato dell’usato fotografico, e non solo.

I tempi duri per il collezionismo fotografico

Lo sconforto di Francesco Gaggini, l’organizzatore, era anche maggiore. Infatti mi disse con un certo rammarico che quello forse sarebbe stato l’ultimo appuntamento di quella fiera.

Quella mattina parlammo a lungo su come il collezionismo stesse scomparendo, anche a causa di un mercato online fuori controllo, che offre tantissimo materiale con valutazioni spesso svilite ed in condizioni mediocri.

La verità è che il collezionismo non è più considerato un bene rifugio come negli anni ottanta, soprattutto perché l’età media dei collezionisti continua a salire e non c’è il necessario ricambio generazionale.

In effetti, la maggior parte dei giovani sono poco interessati alla storia delle fotocamere, dei loro costruttori, il percorso tecnico ed ottico di un obiettivo rispetto ad un altro.

Molti di loro nemmeno si chiedono come siano state scattate le foto dei nostri padri e dei nostri nonni, o quelle che hanno documentato e fatto la storia. È come se, prima del digitale, non si fotografasse nemmeno.

Dobbiamo prendere atto che, noi che abbiamo passato notti insonni a desiderare una prestigiosa Nikon, od una favolosa Leica, od un particolare obiettivo Contax, non siamo riusciti a tramandare i nostri sogni ai nostri figli e nipoti.

Un nuovo modo di intendere la fotografia

In realtà, anche se molti fotoamatori rimpiangono la pellicola e le cromature, le complicazione e l’inventiva di certe apparecchiature, è proprio cambiato il modo di intendere la fotografia.

L’utilitarismo ha sostituito la curiosità ed il desiderio di possedere un oggetto forse obsoleto, ma affascinante per tanti altri motivi.

Infatti, nessuno parla di collezionismo digitale, o dei vari modelli digitali sfornati dalle diverse marche da quando sono sul mercato.

Dopo questa lunga chiacchierata, io e Francesco Gaggini andammo in una trattoria, dove gustammo un pranzo rigorosamente slow food, quasi “analogico”. Fummo d’accordo sul fatto che, in cucina come in fotografia, un risultato immediato e facile non è sempre sinonimo di qualità.

Ecco quindi che una slow photography ha ancora un senso, almeno finché esisterà una generazione di fotografi non interessata soltanto a schiacciare un pulsante.

Leggi anche: Sviluppare in camera oscura: una magia senza trucchi.

[In copertina: foto di Marco Sbrissa]

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: